"Gli amici che non hanno un viso, che si frequentano solo tramite internet e la community, contano tanto quanto quelli reali, che si incontrano fisicamente", è quanto si evince da una ricerca della University of Southern California.
Ne consegue, che le sollecitazioni emotive che si "subiscono" davanti ad una e-mail o a un qualsiasi contatto, virtuale ma anche atteso e desiderato, sono reali. E lo sono perché toccano, magari, corde profonde del nostro essere. Se si aspetta con ansia il contatto di un amico/a è perché ci si sente capiti di più da quest'ultimo/a? Se ci si appassiona ad un amico/a virtuale è perché "realmente" necessitiamo di impegnare energie che la vita reale marginalizza nella nostra quotidianità? Se si fantastica insieme ad un'altra persona su espressioni sensuali e sessuali, è perché "realmente" vorremmo viverle?
Insomma, a me sembra che - com'è prassi consolidata - le ricerche, più o meno scientifiche, fotografano una realtà già esistente da tempo. E sembra che si evidenzi una realtà forse ancora nascosta. Ma questa, quella delle passioni, delle amicizie, delle attese e delle ansie virtuali, è una dimensione non solo molto "reale", ma anche molto estesa in dimensioni e in profondità. Una dimensione, forse, ancora più simile alla composizione dell'animo umano.
mercoledì 6 dicembre 2006
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